LE STAZIONI DELLA VIA CRUCIS
L'ULTIMA CENA
Prima di offrirsi in sacrificio, Gesù lava i piedi ai Dodici. Questo gesto ha una forte impronta eucaristica: Gesù continuerà ad essere presente nella comunione d’amore tra i discepoli. La lavanda dei piedi era una caratteristica dell’ospitalità nel mondo antico, era un dovere dello schiavo verso il padrone. Questa lavanda è una delle più grandi lezioni che Gesù lascia ai Dodici, perché dovranno seguirlo sulla via della generosità totale nel donarsi.
“Uno di voi mi tradirà”. Parole alle quali gli Apostoli reagiscono sgomenti. Lo stesso Giovanni, poggiandosi con il capo sul suo petto, in un gesto di confidenza, domandò: “Signore, chi è?”. Fra lo stupore dei presenti che continuarono a non capire, Giuda, preso il boccone, si alzò ed uscì nell'oscurità della notte.
Ma quale significato ha voluto dare Gesù al banchetto pasquale? Semplicemente annuncia la sua morte, anticipa i suo sacrifico sulla croce.
In questa scena gli sguardi degli apostoli scrutano e interrogano sgomenti il loro Maestro. “Perché?” si domandano. Quel pane spezzato vuole dare proprio l’idea della sua vita che sarà spezzata da lì a poche ore.
Eppure gli apostoli non lo comprenderanno subito. Il mistero della Passione e Morte di Cristo non è tanto una verità incomprensibile all'intelligenza umana, ma un disegno e un progetto di Dio che va oltre le nostre aspettative.
L'ORTO DEL GETSEMANI
PREGHIERA E AGONIA
Questa è la scena che rappresenta il momento critico, drammatico, dove la volontà divina e la volontà umana si respingono e dall'altra parte devono mettersi d’accordo.
Gesù prega in ginocchio, prostrato a terra, in umiltà estrema. Volge una preghiera di aiuto verso l’alto, verso il Padre, che in questo momento sembra così distante, muto e silenzioso.
È in questa scena che abbiamo la rappresentazione di Cristo come nostro vero fratello, che sperimenta il peso e il limite profondo della sofferenza: la paura della morte, la solitudine, l’indifferenza degli amici.
L’agonia di Gesù, però, ci insegna che la volontà di Dio è sempre preferibile alla nostra. E se il Padre sembra non esaudire le nostre preghiere è perché ha in serbo per noi un amore più grande di quello che avevamo chiesto noi. «Dio non permetterebbe il male, se dallo stesso male non traesse il bene».
GIUDA E L’ARRESTO DI GESU’
Giuda aveva vissuto una delusione profonda rispetto a quanto si aspettava da Cristo, cioè che liberasse il suo popolo dall'oppressione imperiale, dal potere politico. E si ritrovò interiormente sconvolto.
Gesù, nell’andare incontro a Giuda, usa tutta la dolcezza di chi non può rinunciare al tentativo di fare ancora breccia nel cuore dell’apostolo, senza però forzarne la libertà. Ma a quel punto Giuda aveva già fatto la sua scelta. Il bacio da gesto d’amore si trasforma in vile tradimento.
Ma perché Dio non ha fermato quest’uomo, facendogli compiere del male e ammettendo la sua tragica fine?
Giuda ha liberamente e coscientemente scelto di compiere il male - perché non aveva fede piena nel Maestro - ma Dio rispettando questa libertà l’ha inserita in un disegno superiore che si attuerà proprio con la morte di Cristo.
Dio inserisce questo infame atto umano nel suo progetto di redenzione.
IL SINEDRIO
Siamo davanti ad una seduta ufficiosa del Sinedrio: all'ordine del giorno c’è il “caso Gesù” che inquieta tutti i membri dell'assemblea.
Il Sinedrio aveva competenze legislative, giudiziarie ed esecutive. La sua attività non riguardava solo questioni religiose ma anche altri aspetti della vita sociale e politica; non aveva però il diritto di ordinare condanne a morte, questo diritto spettava al solo governatore romano.
I sacerdoti cercano dunque dei pretesti per far condannare Gesù dai Romani, nel più breve tempo possibile e prima della Pasqua. Così lo accusano di sedizione e di distruzione del tempio.
Il Sommo sacerdote, Caifa, cerca anche di estorcere una confessione a Gesù per vedere se afferma davvero di essere il Messia inviato da Dio.
Lo interroga dicendogli: «Sei tu il Messia, il Figlio di Dio?».
Gesù risponde: «Io lo sono!».
Con queste parole, accusato di bestemmia, Gesù firma la sua condanna a morte.
PONZIO PILATO E LA FLAGELLAZIONE DI GESU'
Il Sinedrio ha ormai stabilito di consegnare Gesù al governatore Ponzio Pilato.
L’accusa che questi è costretto a prendere in considerazione è l’aspirazione di Gesù ad essere un Re. I sacerdoti hanno la necessità di far passare Gesù come rivoltoso, come usurpatore del potere del governatore e quindi di Roma: deve essere eliminato il prima possibile per evitare che coinvolga la popolazione in tumulti e rivolte.
Ma Pilato sapeva che da Gesù non era sorto un movimento rivoluzionario. Dopo tutto ciò che egli aveva sentito, Gesù deve essergli sembrato piuttosto un esaltato religioso, che forse violava ordinamenti giudaici riguardanti il diritto e la fede, ma ciò non gli interessa. Su questo dovevano giudicarlo i Giudei stessi. E per questo Pilato cerca di liberarsi subito di tale situazione.
Gesù afferma in sua presenza di essere re, ma il suo regno è non violento, non dispone di alcuna legione. Con queste parole, Gesù ha creato un concetto assolutamente nuovo di regalità e di regno mettendo Pilato, il rappresentante del classico potere terreno, di fronte ad esso.
Pilato ordina la flagellazione di Gesù pensando che questa severa punizione potesse bastare a placare le ire dei notabili ebrei e sedare così il disordine che essi avevano sollevato. I Giudei però sono irremovibili nelle loro posizioni. Piuttosto preferiscono la liberazione di Barabba.
Non si accontentano e la folla, da essi sobillata, continua a chiedere a gran voce la condanna a morte di Gesù, che Pilato infine concede.
MARIA
Due misteri s’incontrano: il dolore di una madre e il dolore di un figlio. Ma s’incontrano anche due persone che vedono con gli occhi della volontà di Dio.
Gesù si è appena rialzato dalla sua prima caduta quando trova sua madre, ai bordi della strada che stava percorrendo. Maria guarda Gesù con immenso amore, e Gesù guarda sua Madre; i loro occhi si incontrano, ciascuno dei due cuori riversa nell'altro il proprio dolore.
Maria incontra il Figlio sulla via della Croce. La croce di Lui diventa la croce di Lei, l'umiliazione di Lui è la sua, l'obbrobrio pubblico diviene quello di Lei.
Maria, però, ha pagato a caro prezzo la sua universale maternità: «A te una spada trapasserà l'anima» [Lc 2, 35]. Le parole dette quando Gesù aveva appena quaranta giorni si adempiono in questo momento. Esse raggiungono ora la pienezza totale.
E Maria procede, trafitta da questa invisibile spada, verso il Calvario di suo Figlio, verso il proprio Calvario.
RINNEGAMENTO DI PIETRO
La fragilità umana che porta al tradimento non si manifesta solo in Giuda, ma anche in Pietro, l’apostolo prescelto per sostenere i discepoli dopo la morte di Cristo.
Nonostante seguisse da lontano il maestro nel suo percorso verso il Calvario, la paura di essere riconosciuto come suo seguace lo spinge a giurare di non conoscerlo. Ma il canto del gallo lo riporta alla realtà e a riconoscere la sua incapacità di essere fedele.
Da questo riconoscimento e dal pianto amaro, in Pietro scaturisce una conversione, che - a differenza di Giuda - lo sosterrà nel suo ruolo di “primo tra gli apostoli”.
CIRENEO
Gesù, duramente provato dalla flagellazione e dagli altri tormenti che gli erano stati inflitti, non è più in grado di proseguire con il pesante carico. Simone di Cirene è costretto dai soldati ad aiutarlo.
Per questo suo gesto, il Cireneo è passato alla storia come la figura di colui che sorregge le fatiche altrui. È un po' il prototipo dell'umanità peccatrice che si imbatte nella Croce. Forse assomiglia molto a tutti noi quando all'improvviso sopraggiunge una difficoltà, una prova, una croce talvolta pesante. E diciamo: Perché proprio a me? Perché proprio adesso?
Quel Gesù che "non ha apparenza né bellezza per attirare gli "sguardi" (Is 53, 2) guarda Simone di Cirene negli occhi. Lo fissa, e in quel momento - attraverso gli occhi - gli chiede di lasciare le sue ricchezze, le sue certezze...e di seguirLo.
Che dichiarazione d'amore, quella di Cristo al Cireneo!
VERONICA
Mentre il Cireneo fu costretto ad aiutare Gesù, la Veronica, invece, di sua iniziativa arriva accanto a Gesù, facendosi largo tra la folla e i soldati.
Ha intuito chi Lui sia, Lo ama e perciò soffre nel vederLo soffrire. Ora scorge da vicino il suo volto, quel volto che tante volte aveva parlato alla sua anima. Non resiste. Vuole alleviare le sue sofferenze. Prende un panno e tenta di ripulire sangue e sudore da quel volto.
Asciugare il volto del condannato era un dettaglio, un niente rispetto a ciò che si stava consumando. Era poco, ma era tutto quello che ella poteva fare. Veronica non appare nei vangeli e la sua figura fa parte da molti secoli della tradizione popolare. Nel Mistero della Passione del Signore Veronica ci invita a meditare sul volto di Cristo, un volto che va oltre il reale volto fisico, per giungerne alla contemplazione.
Il vero volto del Signore che noi cerchiamo – così impresso coi segni della sua passione nella nostra storia - è il mistero della sua presenza nella storia dell’uomo e dell’intera umanità.
LA CROCIFISSIONE
Ecco il Messia, sospeso sul legno della croce tra due ladroni. Le due mani che hanno benedetto l’umanità ora sono trafitte. I due piedi che hanno calpestato la terra per annunciare la Buona Novella sono sospesi tra terra e cielo. Gli occhi che hanno guarito i malati e perdonato i nostri peccati non fissano più che il Cielo.
L’ora di Gesù è giunta. Il Figlio dell’uomo è innalzato sul trono della croce, da dove trionfa sul mondo e compie l’opera affidatagli dal Padre.
Sopra la croce di Gesù c'è scritto chi è: il Re dei Giudei, il Figlio promesso di Davide. Pilato, il giudice ingiusto, è diventato profeta suo malgrado. Cristo così è davvero il re del mondo.
Adesso è davvero "innalzato".
Nella sua discesa egli è salito.
Ma, nel suo intimo, Gesù conosce un’immensa sofferenza, che lo fa prorompere in un grido: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mc 15, 34). Sono parole da prendersi totalmente sul serio, che esprimono la prova più grande a cui Egli è stato sottoposto.
In questi attimi, il Figlio di Dio, che ha bevuto fino in fondo il suo amaro calice, ci dice con tutto se stesso, con la sua vita e la sua morte, che dobbiamo fidarci di Dio. A lui possiamo credere.
La morte di Gesù, quindi, si presenta come la conclusione di un’esistenza dedicata alla proclamazione del Regno di Dio in una modalità inattesa e sconvolgente per quell'epoca.
Ma non solo per quell’epoca: lo «scandalo» della proposta di Gesù continua ancora oggi.